Dio solo sa quanto amo Simon Reynolds (
wiki), ha avuto la fortuna (pur essendo relativamente giovane) di intervistare praticamente tutti i mostri sacri ed è ritenuto da molti il critico musicale più influente e fuori dalle righe.Quando lessi
Post-Punk restai folgorato. Ad ogni pagina cercavo su youtube i video o i pezzi dei gruppi (quante chicche) e rimasi molto colpito dal taglio storico/economico/sociologico della narrazione (con tanto di note a piè pagina e listona di gruppi in copertina). Un libro serissimo, che potrebbe tranquillamente competere con
Storia Economica dell'Età Pre-Industriale di Carlo Maria Cipolla. Inutile dire che la mia collezione di vinili si allargò notevolmente.
Oggi Reynolds è appena tornato nelle librerie con
Retromania, un nuovo saggio che vuole indagare una domanda molto semplice: Non è che a furia di ascoltare/comprare/venerare la gloriosa musica del passato (vedi reunion, cofanetti celebrativi e boom delle ristampe) finiremo per perdere quella spinta verso il futuro e quella carica rivoluzionaria da cui nascono (o meglio nacquero) i grandi movimenti musicali/culturali? Perchè dopo la psichedelia dei 60, il post-punk dei 70, l'hip hop degli 80, il grunge e la rave dei 90 gli anni 2000 non è esploso nessun altro grande fenomeno pop di massa? No, gli emo non contano...
Il discorso, ovviamente, è molto più ampio e vuole anche essere un'analisi della fruizione musicale ai tempi dell'
anarchivio di Youtube e degli
sharity blogs (Audio-Lesi è da annoverare in questa categoria). Da antologia il terzo capitolo, nel quale Reynolds delinea un vero e proprio profilo clinico-psicologico del collezionista di dischi. Insomma, ho letto le prime 200 pag. e già mi puzza di capolavoro. Ve lo consiglio
vivamente.
Schiavi del passato, dunque? Riusciremo a produrre qualcosa di veramente nuovo? Vedremo. Intanto non posso che scappellarmi davanti a un musicologo serissimo che, invece di guadagnarsi la pagnotta fingendo entusiasmo per qualsiasi disco mediocre sul mercato, propone una lettura se vogliamo più disillusa e cinica, ma sicuramente più stimolante per i giovani gruppi. Come ha detto lo stesso Reynolds a Roma in occasione della presentazione del libro, ciò che conta per i nuovi gruppi è la
volontà di essere innovativi, l'impegno nella ricerca di un suono mai sentito. Liberarsi dal passato, dalle cover, dalle etichette e dalle influenze (troppo spesso esibite come medaglie di guerra). E' stato possibile in passato, ma può accadere ancora.