Oggi Reynolds è appena tornato nelle librerie con Retromania, un nuovo saggio che vuole indagare una domanda molto semplice: Non è che a furia di ascoltare/comprare/venerare la gloriosa musica del passato (vedi reunion, cofanetti celebrativi e boom delle ristampe) finiremo per perdere quella spinta verso il futuro e quella carica rivoluzionaria da cui nascono (o meglio nacquero) i grandi movimenti musicali/culturali? Perchè dopo la psichedelia dei 60, il post-punk dei 70, l'hip hop degli 80, il grunge e la rave dei 90 gli anni 2000 non è esploso nessun altro grande fenomeno pop di massa? No, gli emo non contano...
Il discorso, ovviamente, è molto più ampio e vuole anche essere un'analisi della fruizione musicale ai tempi dell'anarchivio di Youtube e degli sharity blogs (Audio-Lesi è da annoverare in questa categoria). Da antologia il terzo capitolo, nel quale Reynolds delinea un vero e proprio profilo clinico-psicologico del collezionista di dischi. Insomma, ho letto le prime 200 pag. e già mi puzza di capolavoro. Ve lo consiglio vivamente.
Schiavi del passato, dunque? Riusciremo a produrre qualcosa di veramente nuovo? Vedremo. Intanto non posso che scappellarmi davanti a un musicologo serissimo che, invece di guadagnarsi la pagnotta fingendo entusiasmo per qualsiasi disco mediocre sul mercato, propone una lettura se vogliamo più disillusa e cinica, ma sicuramente più stimolante per i giovani gruppi. Come ha detto lo stesso Reynolds a Roma in occasione della presentazione del libro, ciò che conta per i nuovi gruppi è la volontà di essere innovativi, l'impegno nella ricerca di un suono mai sentito. Liberarsi dal passato, dalle cover, dalle etichette e dalle influenze (troppo spesso esibite come medaglie di guerra). E' stato possibile in passato, ma può accadere ancora.
1 commento:
non c'entra nel lettore cd!
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